Matt Damon recita bene e scrive anche meglio. Torna alla sceneggiatura dopo i fasti da Oscar di “Good Will Hunting”, scritto con Ben Affleck. Qui il coautore è John Krasinski (nonché marito di Emily Blunt) che interpreta l\’ambientalista che vuole salvare un paese di provincia dalle ruspe per l\’estrazione del gas che il protagonista spaccia per portatrici di ricchezza. Ovvio che il rappresentante della megaditta abbia qualche ombra sulla coscienza e che alla fine venga fuori. La sua collega Frances McDormand (sublime) lo asseconda in sinistre strategie di vendita: battezza lo scempio di un\’America disoccupata che Gus Van Sant incornicia grigia tra arcobaleni di speranza e i consueti cieli dai colori accelerati. Una metafora \’profonda\’ e immensa, affidata a una regia in stato di grazia che gira – tutta in sacrosanti esterni – la cronaca della battaglia perduta tra realtà e speranza. Freno a mano o cambio automatico? Blandire, corrompere o organizzare gare in trattore? Karaoke patetici o la promozione a New York? Dai bicchieri di alcol cade qualche goccia di retorica, ma la raffigurazione è sincera. Là dove c\’era l\’erba ora non si sa più cosa sia meglio metterci: la corsa all\’oro è finita da un secolo e mezzo e sembra aver lasciato un\’ampia fetta a stelle e strisce arretrata e sgomenta, con in bocca la saggezza dei vecchi e la voglia di sputare sul presente. E\’ il brodo di coltura di Matt Damon e Gus Van Sant, è il Paranoid Park extraurbano (c\’è un\’assonanza anche nel titolo) di fanciulli meno ciuffosi ma ugualmente depredati dell\’età adulta. Uno dei migliori film dell\’anno. Terra lontana, così vicina.
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