Per fare epica ci vuol la lotta, per fare la lotta ci vuole il sangue, per fare il sangue ci vuole il popolo, per fare il popolo ci vuol la Storia, per far la Storia ci vuole Hugo. Per fare tutto ci vuole Hugo. Ma il vecchio gran scrittore a cottimo non può tutto. Per fare un musical ci vuol la storia (e per quella basta Hugo, ok), ma occorre anche gente che sappia cantare. Per fare cinema ci vogliono facce, per fare musical occorrono gole. E qui Russell Crowe e Hugh Jackman non si possono sentire. Si finisce col pensare che la scelta di Anne Hathaway – ottima anche nell\’ugola – sia solo un colpo di fortuna. Paradossalmente per fare cinema ci vuole un regista direttore d\’orchestra e per fare cinema da un musical occorre un regista di mero accompagnamento: il bravo Tom Hooper de “Il discorso del re” impone primi piani d\’arte spesso troppo aritmetica per essere sporca il giusto. Per fare un musical rivoluzionario ci vuole il kitsch. Per fare il kitsch attraverso la pomposità ci volevano davvero Hugo e l\’abuso degli ideali della bandiera francese? Non è problema di oggi, me lo chiedo da quasi 30 anni, da quando questo spettacolo modesto fa il giro del mondo contrapponendo un fuggiasco e un kattivo su sfondo di poveri cristi. Per fare ridere ci vogliono Sacha Baron Cohen ed Helena Bonham Carter; per far piangere (cantando Empty Chairs At Empty Table) ci vuole Eddie Redmayne; per fare cine-teatro presunto-venerabile basta assemblare ogni pezzo di stucco con guantata mano stucchevole. Per farci resistere fino alla fine ci vuole ben altro.
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