Sulle note di Bruno Martino (la cui vedova non ha gradito), un regista così sicuro di sé da rischiare di deragliare dall\’interiorità al ridicolo involontario – da Antonioni e Kieslowski a nudi e dialoghi gratuiti – racconta i complessi incontri tra una donna amata ma non desiderata sessualmente, e il suo uomo che cerca tra prostitute e droghe lo sfogo che il legame affettivo non stimola o impedisce. Crediamo a tutti: a Jean-Marc Barr in bilico tra passione perversione; a Isabella Ferrari (fischiata e premiata al Festival di Roma) che dimostra sensualità e coraggio; a Paolo Franchi (idem) che persiste nel crogiolarsi tra color che son sospesi: cineasti che meritano rispetto per la costanza (ostinazione?) con cui perseguono un\’idea di cinema. Il che non vuol dire che digeriamo il film: imperfetto nelle fondamenta, a dispetto della costruzione. Quasi intollerabile quando vende fumo sapendo che troverà pochi compratori. Un\’opera che sembra cercare la polemica, di averne bisogno. Il che è male.
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