Ancora due donne protagoniste (e il corpo violentato di una di loro) per il bravo regista rumeno di “4 mesi 3 settimane 2 giorni”. Attrici d\’eccezione, premiate a Cannes al pari della sceneggiatura. Sono cementate da un\’amicizia nata in orfanotrofio, poi una ha scelto la vita monastica in un piccolo convento \’a gestione famigliare\’ che cela Freud in ogni ombra innevata: i sacerdoti si fanno chiamare Papà e Mamma, il Diverso non può essere che Maligno, la buona fede nel proprio mal operare (quasi da lager) è cieca ed assoluta. Tanto che il film di Cristian Mungiu sfiora solo la critica all\’istituzione religiosa e crocefigge quella al fanatismo umano. Insieme alla sgraziata e disidratata Alina che è andata in visita dall\’amica e vorrebbe portarla con sé altrove. Torna alla mente il toccante episodio breve di Iñárritu nel film collettivo “11 settembre 2001”: minuti di schermo nero, voci concitate, drammatici messaggi lasciati dalle vittime consapevoli sulle segreterie dei loro cari, squarci di corpi in caduta dalle Torri Gemelle. Poi esplodono il bianco e una domanda: la luce di dio ci guida o ci acceca? Qui la storia all\’origine è vera: pie donne che divennero torturatrici in un monastero che la Chiesa Ortodossa fece radere al suolo. Loro ci mettono una pietra sopra, il cinema la toglie svolgendo appieno il suo compito.
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