Real Stories
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Ogni stroncatura non è che un atto di amore tradito
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UPSIDE DOWN

Una Giulietta e un Romeo in uno schermo che si ribalta a specchio. Lei vive nel ricco pianeta superiore che sfrutta le risorse di quello inferiore, lui (Jim Sturgess) infrange la regola che vieta il contatto tra gli abitanti dei due mondi. Fantasy politico e/o fantascienza poetica che usa forze di gravità contrapposte per mettere alla prova il collo e il cuore dello spettatore. Con sprazzi rivoluzionari inseriti da un regista argentino il cui babbo girò film politici. Qui ha la meglio il rosa sontuoso e la fantascienza spendacciona, tipica di quando i francesi (vedi Luc Besson ne “Il quinto elemento”) vogliono fare il verso a Hollywood. Ai baci capovolti, Kirsten Dunst è abituata dai tempi di Superman, alle storiucce banalucce noi paghiamo pegno dalla nascita.

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EDUCAZIONE SIBERIANA

Gabriele Salvatores è un instancabile sperimentatore: cambia genere di continuo con stile e coraggio da ammirare. Questo è quasi un \’vodka-western\’ ambientato in una città/ghetto russa e girato in Lituania. Due ragazzini crescono addestrati al mestiere delle armi e a codici di dura di (mala)vita. E\’ la parte migliore del film: come sempre Salvatores (e gli sceneggiatori Rulli&Petraglia) vanno a nozze con gli spigoli dell\’adolescenza. Da adulti si ritrovano: tatuaggi, vendetta, spietatezza, bagni e sudori gelati. Nonno John Malkovich è un perfetto patriarca che detta le regole dell\’inferno. Chi ama i romanzi criminali esce rimpinzato e soddisfatto, complici le note affilate di Mauro Pagani.

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CAPTIVE

Filippine, maggio 2000. Un gruppo musulmano sequestra una ventina di residenti in un hotel e li tiene prigionieri per più di un anno a causa dei vani tentativi di ottenere un riscatto. Il film segue passo passo una cronaca vera incamminandosi senza sosta nella giungla, contrapponendo lo smarrimento degli stessi rapitori, dediti alla jihad, al terrore di vittime senza più speranze. Scene simbolo rimandano alla fine del mondo dei bianchi, divorato da serpenti feroci. In un cast di attori non professionisti spicca la maiuscola prova di Isabelle Huppert, straziata dalla fatica, ostinata nell\’umanità.

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BLUE VALENTINE

Di cosa muore un amore? Dean e Cindy cercano di capirlo in una stanza d\’albergo (a disposizione: Rifugio di Cupido o Camera dell\’Infinito) in cui la loro intimità è solo un ostinato ricordo, come il loro incontro per strada, nel gelo: lui che suona un chitarrino, lei che si esibisce in un tip tap canterino elencando i nomi dei presidenti americani. Il sesso può sembrare una soluzione, ma è solo abitudine caricata di frustrazione. E a casa c\’è una bambina che aspetta, un nonno che vede lungo, un\’amata cagna da seppellire… Stili di ripresa diversi per i ricordi passati e i dolori presenti, tono in abile bilico tra malinconia e inevitabile destino, una brutta barzelletta per scacciare l\’imbarazzo, un tocco di grazia, nessuna pietà per la passione che sfiorisce, un finale che commuove. Si può discutere su quanto giovi la barbetta a Ryan Gosling, ma le sue metamorfosi (stempiate) nel tempo sono da applausi. Michelle Williams gonfia i primi piani di sorrisi e lacrime. Mai visti tanti abbracci in un film. Mai provata tanta voglia di abbracciarne uno. Da noi arriva in ritardo di tre anni e mal distribuito. Arpionatelo voi.

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THE SESSIONS

Bando alla tristezza: è un film sensibile, delicato e persino divertente. Sebbene ispirato alla vita dello scrittore Mark O\’Brien, il cui corpo, paralizzato dalla poliomielite dall\’età di 6 anni, era comunque sensibile al desiderio sessuale. Su di lui, deceduto a 49 anni, nel 1999, in California, era già stato girato un documentario premiato con l\’Oscar. Oggi, un regista affetto dalla medesima malattia, ci ne racconta le \’sedute\’ del titolo con una terapeuta () che lo guida alla scoperta di una sessualità inesplorata che sfocia in complicato amore. La disinvoltura di Helen Hunt (candidata all\’Oscar) e la straordinaria prestazione di John Hawkes tolgono lo spettatore da ogni imbarazzo. Benedice un altro corpo vergine: quello del prete William H. Macy.

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GAMBIT

Si può non aver visto il delizioso gioiellino giallo/rosa del 1966 con Michael Caine e Shirley McLaine, ma non si deve dimenticare che il titolo viene da una mossa degli scacchi, ovvero il gambetto: il sacrificio di un pedone per liberare spazio alla caccia al re. Così, nel solco dell\’originale, ma lontani dall\’originale (sceneggiatura doc dei fratelli Coen con sbavature volgarotte), un curatore di mostre d\’arte e una provocante cow-girl creano trappole, doppi giochi e diversivi di ogni tipo per truffare, con un finto Monet, un avido collezionista. Imprevisti, contrattempi e l\’amore che ci mette lo zampino… Colin Firth prende pugni e smacchi a dispetto degli occhialoni; Cameron Diaz è il solito vulcano biondo pronto alla battuta infuocata e all\’eruzione in bikini. Entrambi eccellenti, ma Alan Rickman li sovrasta con le eterne espressioni da applauso della commedia retrò.

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ANNA KARENINA

Tom Stoppard, colui che shakerò il Bardo in “Shakespeare in Love”, torna alla sceneggiatura dopo 12 anni al servizio del brillante Joe Wright, regista ultra-british che viene dagli inglesissimi Jane Austen (“Orgoglio e pregiudizio”) e Ian McEwan (“Espiazione”). Film splendido ed ammiccante il primo, luccicante patacca il secondo. La tredicesima riduzione cinematografica del capolavoro di Tolstoj porta fortuna e meraviglia. Non è cinema del tempo della crisi: 30 milioni di sterline, un centinaio di set, la giovane musa del regista (Keira Knightley) che prima del celebre suicidio sotto il treno volteggia in scene degne del Gattopardo. Suggestiva moda anacronistica che mescola velluti del 1870 all\’alta moda anni 50 (con diamanti gentilmente offerti da Chanel). Musiche del \’nostro\’ premio Oscar Dario Marianeli, Jude Law nel ruolo del marito tradito e Aaron Taylor-Johnson (\’belva\’ reduce da Oliver Stone) conte Vronsky col ciuffo e il baffo biondi e tentatori. Teatralissima e sontuosa messa in scena conscia di essere tale e volteggiate su se stessa. Come nel mitico “Mouline Rouge!” di Luhrmann (regista pre-tarantinato che borchiò Romeo e Giulietta) tutto è in teatro, sa di teatro, sfocia in teatro e (si) prodiga in invenzioni che tramutano l\’eterno passato in eterno presente fregando il futuro. Echi di Strehler, ma soprattutto scorribanda fellliniana. E ancora: rulli di Genius Quentin a San Pietroburgo.

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PROMISED LAND

Matt Damon recita bene e scrive anche meglio. Torna alla sceneggiatura dopo i fasti da Oscar di “Good Will Hunting”, scritto con Ben Affleck. Qui il coautore è John Krasinski (nonché marito di Emily Blunt) che interpreta l\’ambientalista che vuole salvare un paese di provincia dalle ruspe per l\’estrazione del gas che il protagonista spaccia per portatrici di ricchezza. Ovvio che il rappresentante della megaditta abbia qualche ombra sulla coscienza e che alla fine venga fuori. La sua collega Frances McDormand (sublime) lo asseconda in sinistre strategie di vendita: battezza lo scempio di un\’America disoccupata che Gus Van Sant incornicia grigia tra arcobaleni di speranza e i consueti cieli dai colori accelerati. Una metafora \’profonda\’ e immensa, affidata a una regia in stato di grazia che gira – tutta in sacrosanti esterni – la cronaca della battaglia perduta tra realtà e speranza. Freno a mano o cambio automatico? Blandire, corrompere o organizzare gare in trattore? Karaoke patetici o la promozione a New York? Dai bicchieri di alcol cade qualche goccia di retorica, ma la raffigurazione è sincera. Là dove c\’era l\’erba ora non si sa più cosa sia meglio metterci: la corsa all\’oro è finita da un secolo e mezzo e sembra aver lasciato un\’ampia fetta a stelle e strisce arretrata e sgomenta, con in bocca la saggezza dei vecchi e la voglia di sputare sul presente. E\’ il brodo di coltura di Matt Damon e Gus Van Sant, è il Paranoid Park extraurbano (c\’è un\’assonanza anche nel titolo) di fanciulli meno ciuffosi ma ugualmente depredati dell\’età adulta. Uno dei migliori film dell\’anno. Terra lontana, così vicina.

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ZERO DARK THIRTY

Tocca allo sguardo macho di Lady Oscar Kathryn Bigelow, unica donna regista premiata dall\’Academy, mostrarci come infine fu catturato Bin Laden: anche ricorrendo alla tortura, il che ha irritato la Cia più di quanto sembri plausibile allo spettatore. Merito del tocco macho ma mai militaresco dell\’ex moglie dell\’autore di “Titanic” (oggi sposa e co-sceneggiatrice del giornalista embedded Mark Baol), precoce pittrice subito votatasi a girare tra maschietti da inquadrare con le molle: ladri/surfisti (“Point Break”), drogati di fine millennio (“Strange Days”), ufficiali di sottomarini atomici (“K-19”) e artificieri in Medio Oriente (il premiatissimo “The Hurt Locker”). Anche l\’ottima protagonista Jessica Chastain è dotata di una virilità essenziale che è compimento di arte e non di sesso. Su due donne così può fare perno un film in perfetto equilibrio tra preparazione e assalto: il travaglio della guerra prima del suo scatenarsi (girato con mano da suspense bellico sopraffino). Il titolo significa \’levataccia\’, il film invece si srotola intenso e preparatorio prima di un finale che sa di liberazione e non di vendetta. Maestria da conservare in squid. Imperdibile.

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LOOPER

Nel 2044 viaggiare a ritroso nel tempo sarà facile quanto proibito: un mezzo usato dalla malavita per eliminare persone sgradite che – al termine del tragitto – trovano un looper (letteralmente: chi chiude il cerchio) che le uccide. Uno di costoro vive tra molti rischi e pochi scrupoli: nemmeno la storia di un killer messo faccia a faccia con se stesso da vecchio lo commuove. Ma come reagirà nella stessa situazione? Regia all\’adrenalina scaduta che mescola fantascienza e sentimento, attimi spiazzanti e – letterallmente – colpo di scena finale. A Joseph Gordon Lewitt servirebbe del trucco per sembrare più credibile, Bruce Wllis non ha più da tempo di questi problemi, Emily Blunt sgrana gli occhioni davanti alla fantastoria come se non ne facesse parte, o non riuscisse a reggerne la tensione. O la vedesse per quello che è: un derivato di “Terminator” che perde il passo dopo dopo 20 minuti e si incasina dopo 30.

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